lunedì 7 novembre 2016

"Un viaggio che non promettiamo breve"

Il 31 ottobre è uscito, per i tipi di Einaudi, "Un viaggio che non promettiamo breve - 25 anni di lotta notav", di Wu Ming 1. 
Qui il mio tentativo di recensirlo. 

Per illuminare il sentiero che porta al cantiere in Clarea, le forze dell'ordine utilizzano dei grossi riflettori, tecnicamente dette quarze a scarica; la forte luce che queste emettono appiattisce ciò che illumina, ed inoltre il sentiero è tortuoso e lungo, molto, così il risultato é una cattiva illuminazione, con tanta parte del percorso che resta al buio.

I diversi libri sul movimento notav che avevo letto finora avevano più o meno tutti il medesimo punto debole: un'angolazione fissa, una luce sempre uguale, tanta roba che restava nell'ombra.

WM1 ha deciso invece di raccontare il percorso della lotta notav accendendo fiaccole, poste ad una certa distanza l'una dall'altra, e ad una certa altezza sul sentiero; ogni fiaccola ha il suo colore, il suo crepitio, ed illumina un pezzo del percorso; per carità, alcune zone restano in ombra - lo si diceva prima, il sentiero é molto lungo -  ma l'autore ti porta per mano da una pozza di luce all'altra.


"Un viaggio che non promettiamo breve" é un libro collettivo.
Con un lavoro che si evince esser stato ponderoso WM1 si é avvalso di testi di vario tipo - evidentemente soppesandone una gran quantità - per parte del racconto, per un'altra ha preso le parole direttamente dai protagonisti (spesso intervistandoli), infine, ovviamente, ci ha messo del suo.
L'autore si pone però in tante parti dell'opera quasi come un direttore d'orchestra che dà ritmo e voce ai singoli strumenti, ciascuno dei quali svolge il proprio tema. Poi contestualizza, commenta, raccorda, "dice" - e parecchio- anche lui, ma la sensazione percepita all'atto della lettura è indubbiamente di coralità.

Una coralità in cui le parti sono divise con criterio, per dare un'immagine complessiva del tutto credibile (a parte la gigantografia di Turi, sempre portata avanti nel movimento, secondo me eccedendo; che però é figura così potente -insieme epica, mistica e goliardica - da meritare uno strappo dal vero, anche considerando la particolare dinamica in cui Wm1 la inserisce).

Naturalmente non é una narrazione oggettiva (la narrazione oggettiva non esiste), la scelta di dove e quali fiaccole accendere dà un'angolazione, una prospettiva, ma tutto si tiene e il sentiero alla fine é bene in luce.. Stupisce poi, da valligiano, che le scelte collimino quasi totalmente coi ricordi (ovviamente per la parte di cui io posso averne); delle decine di episodi/momenti che personalmente ritengo di particolare importanza ne manca solo uno: il presidio permanente di piazza Castello a Torino (due mesi di presenza costante con concerti, proiezioni, dibattiti assemblee, arrivando anche a numeri relativamente alti, sempre guardati a vista ed identificati dalla digos... forse l'unica esperienza di un qualche peso sviluppatasi nel capoluogo), ma essendone stato tra gli animatori, forse é la mia soggettività qui a inciuccar i valori...

I pochi elementi di finzione (in cui l'amore dell'autore per S.King affiora ben visibile) muovono i ritmi e aiutano a rinsaldare il racconto, alcuni espedienti letterari alleggeriscono la lettura (ché il materiale trattato é per peso e sostanza davvero importante) e l'uso dell'imperfetto fa infine assaporare l'opera come Storia, davvero con la S maiuscola.

Con la peculiarità però d'esser storia viva, una storia da inquisire per capire perché, perché qui e non altrove, con che dinamiche, con quali prospettive...

In un testo del genere era ovvio ci fosse una parte dedicata al pre-movimento, ma credo in molti ci saremmo aspettati qualche pagina sui partigiani, non incursioni di interi capitoli, a spingersi fino a Re Cozio! La storia della valle, particolarmente negli aspetti economici, sociali e politici, viene ripercorsa con l'aiuto di fonti (e che fiaccole queste!: dal diario partigiano di Ada Gobetti, al periodico del primo '900 La Valanga, a fogli del sindacato... fino alla pagine di Rastello che portano luce sui primi anni di tav, e non solo in valsusa), fonti che parlano, raccontano, cantano. Già perché nel libro c'é tanta musica, diegetica e non.

In alcuni punti il fuoco si allarga, ad abbracciare incursioni da e per l'esterno, e leggiamo di Trieste, Napoli, dei Mapouche....


Giunto alla vicenda di Sole e Baleno Wm1 non si sottrae ad un'analisi/autoanalisi di grande onestà, relativa a errori, miopie, piccolezze di più parti, ai tempi. Racconta lucidamente i fatti senza avventurarsi, secondo me saggiamente, nel ginepraio degli antefatti (qualcuno un giorno spero lo farà, ma é argomento che merita un lavoro, uno studio a sé, a liquidarlo in un' opera di più ampio respiro - altri ci han provato-, si rischia il ridicolo - altri lo hanno ottenuto).

Non son sicuro di come possa venir letto, questo viaggio non certo breve, da un occhio esterno alle dinamiche di valle: immagino pathos nel dipanarsi dei momenti epici/tragici, fatica (intesa come lavoro intellettuale) nel comprendere meccanismi, dinamiche... rabbia scoprendo nefandezze, violenze e abusi... forse stupore, perché di cose "stuporose" qua ne son successe parecchie...
Per me, come credo per molt* compagn* del movimento, in tanta parte é stato leggere storie (anche) mie, rivivere con una prospettiva più aerea giornate e nottate già vissute, metterle in fila e forse comprenderle meglio, appunto vedendole messe in fila, contestualizzate, storicizzate. Non una lettura senza emotività, sia chiaro, solo un'emotività diversa, al pathos si sostituisce il ricordo, alla fatica un po' di malinconia, lo stupore c'é ma é un altro, quello di accorgersi che si era rimosso qualche pezzo, o non lo si era messo nella cornice giusta... la rabbia, invece, la rabbia resta la stessa.






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