martedì 13 dicembre 2016

Note tecniche sulla ristrutturazione del Teatro Civico di Susa

 Tempo fa, su richiesta, produssi un parere tecnico di massima sul progetto di ristrutturazione del Teatro Civico di Susa.Degli aspetti politici ho già scritto e discusso altrove, per stare alla sostanza - che magari incombe - pubblico qui la mia relazione, qualora fosse di interesse:



Premessa

Nelle presenti considerazioni non tengo contro né dei lavori accompagnatori né degli aspetti archeologici e storico-artistici, che non mi competono.Faccio notare che i documenti componenti il progetto sono talvolta discordanti tra loro sia sui dati che sulle tecniche scelte per i lavori, inoltre il progetto a me arrivato é lacunoso di impiantistica elettrica, materiali di illuminazione di palco e fonica: l'analisi quindi é giocoforza di massima. 


 SICUREZZA

La "Relazione sulle misure di sicurezza antincendio" messa a punto dall' ing. Brunero si basa (ne é una copia alla lettera con qualche correzione e integrazione) sulla "Regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione [...] dei locali di pubblico spettacolo" del 1996; tuttavia gli aggiustamenti adottati si dimostrano parecchio accondiscendenti: ad esempio accettano materiali di classe ignifuga inferiore a quanto previsto dalle norme.Pur nella loro tiepidezza, le misure prescrivono sedie "ben ancorate al pavimento"; il progetto esecutivo contempla semplici sedie "all'occorrenza agganciabili tra loro"; stando alla normativa, é al massimo prevista una deroga per "sedie non ancorate a terra solo se collegate rigidamente tra loro in file", deroga che é però definita assolutamente temporanea. Esistono da tempo soluzioni non particolarmente onerose né visivamente invasive che permettono di avere platea mobile ma in sicurezza, ad esempio file di poltroncine semoventi ancorabili a terra.

Riguardo alle uscite di emergenza si riscontrano diverse incongruità:

1) le prescrizioni contemplano n.6 moduli di uscita (3 doppie porte) dalla platea facendo il seguente computo:- 2 settori da 83 posti cadauno, più un settore posteriore da 42La formula per il calcolo é la seguente:(max. affollamento + personale) / coefficiente di capacità di deflusso (per locali a +/- 7,5 m d'altezza é 37,5)quindi: 208+ 6/37,5 = <6Però il progetto contempla 212 posti in platea - non 208,  e inoltre parte del pubblico di galleria dovrebbe utilizzare anche uscite della platea quindi, seguendo il piano di fuga prospettato nel documento antincendio e valutando che 1/4 circa del pubblico di galleria dovrebbe usare le uscite di platea, sono necessari almeno 7 moduli di uscita di sicurezza. O una riduzione dei troppo elevati posti a sedere.
2) la norma prescrive altresì la ridondanza dei percorsi di uscita emergenziale per tutta l'utenza di sala: ciò non é garantito per la galleria né per i disabili.La distanza tra sedie e parete sembrerebbe dalle planimetrie a norma: in realtà i tendaggi dello strascico del baldacchino della regia sono de facto da considerare impedimenti, quindi almeno 6 sedute di galleria sono fuori norma.
Nel progetto é contemplata una graticcia lignea: se é vero che in Italia, per quanto non siano a norma, le graticce lignee sono tollerate nei vecchi teatri, costruirne di nuove -oltre a rendere oltremodo scomodo il lavoro dei tecnici - é assurdo nonché passibile di sanzioni.
La dislocazione dei posti riservati a portatori di handicap non é a norma: essi devono essere situati il più possibile vicino alle uscite di sicurezza e così non é; da quel che si evince dagli schemi di fuga inoltre, le carrozzine dovrebbero percorrere metà teatro per arrivare ad un'uscita priva di scale. 
Non si apprezza né in relazione tecnica né in elaborati grafici la presenza di naspi antincendio


FRUIBILITÀ

I posti per le carrozzine sono situati in prima fila:oltre alla distanza dalle uscite, quando non si utilizza la fossa o si prolunga il proscenio tali posti scompaiono (quindi o non si ha spazio per le carrozzine oppure le si pone altrove trasgredendo al piano di sicurezza, che le esige situate nei punti previsti).Come loro malgrado documentano le sezioni grafiche del progetto, la prima fila di galleria non potrà avere visibilità accettabile a causa della balaustra prescritta per ragioni di sicurezza.Oltre alle problematiche con la legislazione antincendi, aver tanto ampliato il numero di posti in platea ne penalizza vista del palco e accessibilità. Immaginando (come da relazione generale) che si voglia utilizzare lo spazio del palcoscenico anche per la danza, l'inclinazione del 3% é decisamente ostativa alla fruizione (dovrebbe avere almeno il 4%).Inoltre l'altezza da terra di quasi 120 cm riduce notevolmente la visibilità di palco da parte delle prime file


FUNZIONALITÀ

Il palco realizzato in parquet (anche qui il progetto descrive diversamente materiale e realizzazione in 2 punti, ma la sostanza pare questa) esclude praticamente ogni allestimento teatrale che non sia amatoriale, in quanto non saranno possibili fissaggi a punta. (I palcoscenici professionali si fanno in assito)
Non é contemplata alcuna discesa in platea dal palco. (Certo si potrà/dovrà aggiungere in seguito, tanto vale pensare dall'inizio una scala -anche di servizio- integrata al progetto, sicuramente preferibile ad una costruzione posticcia).
Boccascena e arlecchino così come previsti, di fatto vanificano tutta la macchina della torre teatrale: mantegni, rocchetti, funi etc diventano inutili poiché la graticcia é quasi a vista e non vi si può calare alcunché. (Ad occhio, perlomeno l'arlecchino dovrebbe essere prolungato di 1,70/2 m).
Dalla cabina di regia la visibilità (sempre da sezioni progettuali) é possibile solo da seduti e con difficoltà.
Così come pensata, l'ubicazione del video proiettore presuppone un apparecchio molto potente con ottica personalizzata; se l'idea é quella di far cinema e quindi montare -non si sa come- un proiettore cinematografico a pizze, può aver senso - (ndr, non più poiché legislazione é cambiata) ma allora tutta la cabina regia non é a norma, altrimenti é uno spreco immenso, contenibile semplicemente montando un normale proiettore dotato di keystone all'altezza del "lampadario". 


FONICA e ILLUMINOTECNICA 

Da relazione tecnica generale si evince che la corrente elettrica per fonica e illuminotecnica sarà distribuita sulla medesima linea del resto delle utenze del teatro;  le fasi per luci e audio devono essere ad uso esclusivo, per evitare innumerevoli inconvenienti (questo avviene anche nelle sale amatoriali).Pur mancando le relazioni tecniche sull'impianto, dal punto di vista dell'illuminotecnica l'assenza dell'americana di sala, sostituita da ganci spinati sul "lampadario", è fatale: con distanze superiori ai 6/7 m i tipici proiettori teatrali pianoconvessi da 1kw diventano quasi inutili, perciò o le compagnie si doteranno di materiale ad hoc per Susa, oppure il proscenio sarà buio poiché la prima americana di palco presenta un angolazione eccessiva per l'illuminazione frontale; non si apprezzano inoltre forche o piantane di sala perciò l'illuminazione proscenica sarà debole anche lateralmente. Nella relazione generale si fa cenno ad una americana motorizzata (che si evince essere la prima di palco): data la sua posizione, come prima citato é poco funzionale ed é probabilmente inutile motorizzarla (cosa che ha notevoli costi).(La struttura del teatro consentirebbe agevole installazione di un'americana di sala motorizzata, alla corretta distanza dal palco, nonché il posizionamento di discrete e funzionali forche in galleria con gli adeguati cablaggi.)

Dal punto di vista della fonica e dell'acustica le scelte compiute lasciano perplessi per diversi motivi: Acustica: si propone un soffitto piatto fonoriflettente per le frequenze medie e alte e fonoassorbente per le basse, un soffitto di galleria fonoassorbente (ma liscio), pareti fonoriflettenti e tendaggi fonoassorbenti mobili per modulare i tempi di riverbero. Non si accenna a provvedimenti per migliorare l'acustica sul palco, né per il fondosala
Fonica: non si accenna a impiantistica adeguata o a sistema audio con ritardi, né a sound-engineering per la diffusione. Nelle schede tecniche allegate al progetto non ho reperito studi di acustica (salvo la VIA) che giustifichino alcuna di queste scelte; pur essendo tema difficoltoso da trattare, pare quantomeno singolare pensare soluzioni così "forti" e singolari senza studi di appoggio, in particolare:Il soffitto riverberante pensato per migliorare l'acustica in galleria sarebbe giustificato da una simulazione del tempo di riverberazione secondo la formula di Sabine:questo tipo di studio fornisce risultati sul tempo medio di riverbero all'interno della sala (che prima  dell'intervento era già eccessivo), non sui ritardi; a giudicare dagli spazi del teatro con un soffitto riflettente si rischia di avere in alcune zone della platea un ritardo superiore agli 0,04 s e comunque una variabilità notevole fra le differenti zone del teatro, il che presuppone un ascolto pessimo. - la gestione del riverbero tramite lo spostamento dei tendaggi é un sistema molto simpatico, ma che si scontra col fatto che é ingestibile dal punto di vista musicale (a meno di scritturare una platea per le prove o avere un fonico che scarrella tende durante i concerti) e che, così come prima detto per il soffitto, ad apertura tende creerà ritardi eccessivi;la fono-assorbenza del soffitto di galleria é probabilmente necessaria, la scelta di farlo con profili lisci ne alza a dismisura il costo.
Rischiando di essere poco poetici e filologicamente scorretti, sembrerebbe molto più logico e funzionale: 1)dotare la sala di un impianto fonico provvisto di ritardi di emissione ben calcolati 2) ridurre il più possibile i ritardi ed i riverberi naturali - che comunque in parte persisterannoAd oggi tanta parte della prosa, così come la musica e la danza esigono amplificazione, che con la soluzione delle superfici riverberanti risulterebbe molto difficile da gestire. É sempre buona norma cercare di attenuare suoni di risposta poiché la tecnologia attuale permette facilmente di creare un riverbero quando non c'é, mentre non lo  può cancellare se c'é.In alternativa, volendo caratterizzare acusticamente la sala in modo particolare (e precludendo così la possibilità di ospitarvi i 3/4 delle tipologie di spettacolo previste in progetto) é necessario compiere studi sull'acustica per calibrare le risonanze alle varie frequenze.



A titolo non tecnico, in ultimo, pensare di far entrare le carrozzine dall'entrata secondaria prevista per non "sporcare" la struttura della scalinata, mi pare una scelta di poco gusto: una rampa posta a sinistra della scalinata non turberebbe il profilo della facciata, rimarrebbe discreta e sarebbe funzionale e socialmente più corretta 


lunedì 7 novembre 2016

"Un viaggio che non promettiamo breve"

Il 31 ottobre è uscito, per i tipi di Einaudi, "Un viaggio che non promettiamo breve - 25 anni di lotta notav", di Wu Ming 1. 
Qui il mio tentativo di recensirlo. 

Per illuminare il sentiero che porta al cantiere in Clarea, le forze dell'ordine utilizzano dei grossi riflettori, tecnicamente dette quarze a scarica; la forte luce che queste emettono appiattisce ciò che illumina, ed inoltre il sentiero è tortuoso e lungo, molto, così il risultato é una cattiva illuminazione, con tanta parte del percorso che resta al buio.

I diversi libri sul movimento notav che avevo letto finora avevano più o meno tutti il medesimo punto debole: un'angolazione fissa, una luce sempre uguale, tanta roba che restava nell'ombra.

WM1 ha deciso invece di raccontare il percorso della lotta notav accendendo fiaccole, poste ad una certa distanza l'una dall'altra, e ad una certa altezza sul sentiero; ogni fiaccola ha il suo colore, il suo crepitio, ed illumina un pezzo del percorso; per carità, alcune zone restano in ombra - lo si diceva prima, il sentiero é molto lungo -  ma l'autore ti porta per mano da una pozza di luce all'altra.


"Un viaggio che non promettiamo breve" é un libro collettivo.
Con un lavoro che si evince esser stato ponderoso WM1 si é avvalso di testi di vario tipo - evidentemente soppesandone una gran quantità - per parte del racconto, per un'altra ha preso le parole direttamente dai protagonisti (spesso intervistandoli), infine, ovviamente, ci ha messo del suo.
L'autore si pone però in tante parti dell'opera quasi come un direttore d'orchestra che dà ritmo e voce ai singoli strumenti, ciascuno dei quali svolge il proprio tema. Poi contestualizza, commenta, raccorda, "dice" - e parecchio- anche lui, ma la sensazione percepita all'atto della lettura è indubbiamente di coralità.

Una coralità in cui le parti sono divise con criterio, per dare un'immagine complessiva del tutto credibile (a parte la gigantografia di Turi, sempre portata avanti nel movimento, secondo me eccedendo; che però é figura così potente -insieme epica, mistica e goliardica - da meritare uno strappo dal vero, anche considerando la particolare dinamica in cui Wm1 la inserisce).

Naturalmente non é una narrazione oggettiva (la narrazione oggettiva non esiste), la scelta di dove e quali fiaccole accendere dà un'angolazione, una prospettiva, ma tutto si tiene e il sentiero alla fine é bene in luce.. Stupisce poi, da valligiano, che le scelte collimino quasi totalmente coi ricordi (ovviamente per la parte di cui io posso averne); delle decine di episodi/momenti che personalmente ritengo di particolare importanza ne manca solo uno: il presidio permanente di piazza Castello a Torino (due mesi di presenza costante con concerti, proiezioni, dibattiti assemblee, arrivando anche a numeri relativamente alti, sempre guardati a vista ed identificati dalla digos... forse l'unica esperienza di un qualche peso sviluppatasi nel capoluogo), ma essendone stato tra gli animatori, forse é la mia soggettività qui a inciuccar i valori...

I pochi elementi di finzione (in cui l'amore dell'autore per S.King affiora ben visibile) muovono i ritmi e aiutano a rinsaldare il racconto, alcuni espedienti letterari alleggeriscono la lettura (ché il materiale trattato é per peso e sostanza davvero importante) e l'uso dell'imperfetto fa infine assaporare l'opera come Storia, davvero con la S maiuscola.

Con la peculiarità però d'esser storia viva, una storia da inquisire per capire perché, perché qui e non altrove, con che dinamiche, con quali prospettive...

In un testo del genere era ovvio ci fosse una parte dedicata al pre-movimento, ma credo in molti ci saremmo aspettati qualche pagina sui partigiani, non incursioni di interi capitoli, a spingersi fino a Re Cozio! La storia della valle, particolarmente negli aspetti economici, sociali e politici, viene ripercorsa con l'aiuto di fonti (e che fiaccole queste!: dal diario partigiano di Ada Gobetti, al periodico del primo '900 La Valanga, a fogli del sindacato... fino alla pagine di Rastello che portano luce sui primi anni di tav, e non solo in valsusa), fonti che parlano, raccontano, cantano. Già perché nel libro c'é tanta musica, diegetica e non.

In alcuni punti il fuoco si allarga, ad abbracciare incursioni da e per l'esterno, e leggiamo di Trieste, Napoli, dei Mapouche....


Giunto alla vicenda di Sole e Baleno Wm1 non si sottrae ad un'analisi/autoanalisi di grande onestà, relativa a errori, miopie, piccolezze di più parti, ai tempi. Racconta lucidamente i fatti senza avventurarsi, secondo me saggiamente, nel ginepraio degli antefatti (qualcuno un giorno spero lo farà, ma é argomento che merita un lavoro, uno studio a sé, a liquidarlo in un' opera di più ampio respiro - altri ci han provato-, si rischia il ridicolo - altri lo hanno ottenuto).

Non son sicuro di come possa venir letto, questo viaggio non certo breve, da un occhio esterno alle dinamiche di valle: immagino pathos nel dipanarsi dei momenti epici/tragici, fatica (intesa come lavoro intellettuale) nel comprendere meccanismi, dinamiche... rabbia scoprendo nefandezze, violenze e abusi... forse stupore, perché di cose "stuporose" qua ne son successe parecchie...
Per me, come credo per molt* compagn* del movimento, in tanta parte é stato leggere storie (anche) mie, rivivere con una prospettiva più aerea giornate e nottate già vissute, metterle in fila e forse comprenderle meglio, appunto vedendole messe in fila, contestualizzate, storicizzate. Non una lettura senza emotività, sia chiaro, solo un'emotività diversa, al pathos si sostituisce il ricordo, alla fatica un po' di malinconia, lo stupore c'é ma é un altro, quello di accorgersi che si era rimosso qualche pezzo, o non lo si era messo nella cornice giusta... la rabbia, invece, la rabbia resta la stessa.