lunedì 28 novembre 2011

Venditori di macchine? No, di polizze

Un piccolo esempio di come il mondo della finanza distorce l'economia reale.

Lo sanno in pochi, ma in molti grandi concessionari di automobili i venditori non sono pagati per le auto vendute, ma per i finanziamenti e le polizze che appioppano al cliente. 
Se, ad esempio, viene comprata un'utilitaria nuova in contanti, il venditore percepisce una provvigione tra i 100 e i 150 euro (lordi),  se invece  si vende un'auto usata con il finanziamento si va dagli 800 ai 1600 euro di provvigione ( a seconda del tipo di finanziamento che si riesce a far sottoscrivere). Da qui è chiaro come il venditore spinga al massimo per fare finanziamenti; inoltre, mentre viene redatta la rateizzazione, il venditore caldeggia- per un piccolo sovrapprezzo al finanziamento-la stipula di una RCA con tutte le garanzie, compresa la CASKO (anche per automobili usate!) sulla quale percepisce un'altra provvigione.
Addirittura nei corsi di formazione ai venditori viene detto di consigliare a eventuali clienti provvisti di contanti di finanziare l'acquisto dell'auto e investire la liquidità in BOT o btp.
E così il venditore d'auto diventa strozzino al soldo delle banche.

sabato 26 novembre 2011

Paura della decrescita?

Nessuno ormai crede più ad una crisi passeggera, e se la sola risposta che il nostro e gli altri paesi sembrano voler mettere in campo è quella di stringere la cinghia ( ossia aumentare i prelievi sulle persone e ridurre i servizi) allora è chiaro che bisogna prepararsi al peggio.  Ma se il problema è il sistema economico-finanziario, il modo in cui questo ha alterato valori e possibilità, allora è stupido cercare una soluzione attraverso di esso, o comunque con i suoi strumenti. Credo invece che serva coraggio. Al punto in cui siamo c'è bisogno che qualcuno proponga convintamente ed in modo ragionato di cambiare totalmente rotta, il che vuol dire abbandonare il concetto di crescita, la struttura finanziaria della UE, la BCE, il WTO, tutto il sistema finanziario che ci ha portato qui; e serve un'alternativa, un percorso di decrescita che, per quanto a molti sembri fantascienza,  è nell'immediato futuro, a noi decidere se sarà una decrescita serena o dolorosa e di impoverimento. Per anni si è detto che la decrescita doveva passare attraverso meccanismi di coscienza individuale, di presa di coscienza ambientalista e sociale, poi attraverso scelte condivise. Ma ora l'orto sotto casa non è più un atto di coscienza, per molti averlo sarebbe una manna sui conti domestici. Le automobili di grossa cilindrata, o peggio i SUV, non sono più sostenibili non solo per motivi ambientali, non lo sono più perché costano troppo, le famiglie non se le possono permettere più. Questi sono due esempi di economia domestica ma lo stesso vale più o meno per tutto, dalla gestione dei comuni al modo in cui si gestiscono i btp. La decrescita sta iniziando, anche se fa paura e tutti lo neghiamo e insistiamo a parlare di crescita, sviluppo e compagnia bella.  Occorre il coraggio politico di riconoscere questa nuova situazione e cercare di guidarla al meglio. Soprattutto, è ipocrita e pericoloso fingere di ignorare la situazione per paura di perdere consensi o di non essere all'altezza della situazione,  perché siamo ancora in tempo

giovedì 17 novembre 2011

Un altro mondo è ...

"Un altro mondo è possibile", si diceva a Genova. Oggi non è più vero.  Oggi un altro mondo è indispensabile. Se le istituzioni non sono più rappresentative; se non viene ascoltata la popolazione neanche quando diventa, in massa, attiva; se le soluzioni proposte comunque sono all'interno degli schemi bancario-finanzieristici che ormai chiaramente governano il mondo, nascosti dietro a semplici imbonitori che spacciano per leader; se non c'è all'orizzonte un'alternativa e nel contempo le economie continuano a crollare ( e la gente a perdere lavoro, diritti, dignità)  allora limitarsi manifestare il dissenso è insufficiente.  Bisogna, in un qualche modo, dar forma ad alternative credibili. Occupy W.S., i notav, i movimenti studenteschi e le mille realtà che si oppongono al mondo delle banche e delle multinazionali sono al momento un sintomo fortissimo ma non un'alternativa. Quello che occorre è creare una  realtà che proponga un modello diverso, in modo strutturato e credibile, non limitandosi ad alcuni punti o appellandosi genericamente a qualche idea. Occorre una realtà che ridisegni il peso dell'economia sulla società, che ridia dignità alle persone e soprattutto discerna tra economia e finanza. E occorre che questa realtà diventi il più grande possibile. Io non sono in grado di dire come ciò possa avvenire, ma finché ci limiteremo a darci mutua solidarietà  ( quando va bene, a volte ci pestiamo i piedi l'un l'altro) senza tentare di giungere a sintesi su cosa va fatto e senza coordinarci in modo serio e non protagonistico, so che non c' è possibilità che avvenga

martedì 15 novembre 2011

Non esageriamo....

A giudicare dal totoministri dei giornali, stiamo trapiantando nel cuore decisionale del nostro Paese grossi pezzi del male che lo ha ammorbato: esponenti di banche d'affari, bildeberghiani, bocconiani plutocentrici. Inoltre ci si dice che il governo Monti dovrà durare fino a fine mandato parlamentare. Davvero, per paura di pagare elettoralmente lo scotto di manovre impopolari ( che bisognerebbe poi vedere quanto siano effettivamente necessarie e convenienti), vale la pena di rinunciare alla democrazia e dare ad ultraliberalisti la possibilità  di distruggere tutto ciò che a loro sembra superfluo (leggasi diritti, stipendi, pensioni etc)? 
Non ditemi che questa è una soluzione, perché a questo punto è meglio dichiararsi insolventi e ripartire da capo

mercoledì 9 novembre 2011

Analisi e scelta

In questo momento in cui la politica ha il minimo di credibilità storico (perché da un lato i politici che abbiamo sono o in malafede o incompetenti, dall'altro lato pare sempre più chiaro come siano multinazionali e banche a dettare l'agenda politica - vedi Grecia e Italia) chi, come me, non vuole essere passivo davanti al mondo si ritrova ad un bivio che reputo fondamentale sulla via da percorrere.
La tentazione più forte è quella di abbandonare totalmente la politica in senso stretto, quella partitica, e dedicarsi esclusivamente a partecipare ai movimenti, con le loro lotte, i loro tentativi di costringere i poteri forti a cambiare direzione attraverso comportamenti quotidiani e manifestazioni di disubbidienza (civile o meno). Che senso ha, infatti, spendere energie per togliere un pupazzo malvagio da un trono (che è di carta) per mettercene un altro che più o meno farà le stesse cose? Mi si dirà che Bersani non è Berlusconi, e ci mancherebbe, lo so che esistono delle differenze, ma entrambi sono schiavi, o figli, di un sistema plutocentrico e antisociale: certo il Pd probabilmente avrebbe più tatto e gentilezza nell'alzare l'età pensionabile, confermare l'articolo 8 e cancellare il 18, ma un pugno, anche se me lo danno con il guanto, è sempre un pugno.
Il problema però che vedo nell'ignorare la politica rappresentativa è il fatto che tutto ciò che chiedono e fanno i movimenti ha bisogno di trasformarsi in una voce istituzionale - almeno finché si tratta di richieste e non di rivoluzione, che al momento vedo un po' troppo lontana. E la voce istituzionale non può essere altro che espressione di una forza partitica, o comunque istituzionalmente rappresentativa. Quindi o si cerca (o forma) una realtà politica che sia interlocutore e portavoce reale delle istanze dei movimenti e della popolazione, o qualcuno quel ruolo se lo prende, magari per proprio tornaconto. Faccio un esempio minuscolo ma che credo illuminante. Quest'estate si è creato un piccolo presidio NO TAV (non importa di quale stia parlando), si era una decina di persone, dalle anime più diverse, alcuni iscritti a partiti, altri anarchici, altri totalmente apolitici. Non appena alcune iniziative del presidio hanno avuto un minimo di risonanza e il presidio è cresciuto, si sono viste comparire strisce viola, stelle (a gruppi di 5), bandiere di sindacato e rifondazione, e in mezzo a questa epifania cromatica si scorgevano individui che tentavano di farsi portavoce della piazza, rappresentanti, riferimenti politici. A livello più esteso ciò è successo in passato al movimento tutto, con noti danni (leggesi Ferrentino), ed è normale, perché se c'è uno spazio vuoto qualcuno andrà certo a riempirlo.
E non c'è solo il TAV (magari!) c'è il lavoro, la casa, le pensioni, ci sono i CIE, i diritti... Su ognuno di questi argomenti il meccanismo è lo stesso.
Anche se non graditissima, temo quindi alla fin fine necessaria la presenza di una rappresentanza istituzionale con cui rapportarsi, cui dare mandato di farsi carico delle istanze popolari e movimentistiche. Non una delega in bianco, sia chiaro.
Da qui il problema di dove trovarla, questa realtà politica, che deve essere radicale e prospettivamente rivoluzionaria, perché deve incarnare istanze totalmente incompatibili con lo status quo finanziario, economico e culturale di Italia ed Europa.
Ad oggi non la vedo in quanto, esclusi ovviamente PD, PDL e terzo polo, restano i "5 stelle", Idv, Rifondazione ( e affini) e SEL.
Tra i grillini ho conosciuto persone degne di stima, che si sono fatte carico di problemi reali e hanno cercato di risolverli, addirittura puntando l'attenzione su problematiche d'ampio respiro, ma ho conosciuto anche molti (moltissimi) opportunisti che tendono a sfruttare le istanze popolari per avere spazio, secondo le peggiori abitudini politiche.
L'Italia dei valori (anche se oggi sta cambiando molte delle sue posizioni) mi pare un onesto partito di destra, con cui posso condividere 2 o 3 punti di civiltà e basta, non certo un cambiamento radicale del sistema.
Rifondazione, aldilà di alcuni suoi esponenti più illuminati, sembra ancorata a meccanismi politici, lessico e struttura da anni settanta e non credo sia in grado di ascoltare ed interpretare i problemi odierni.
Sel è, forse, ancora più problematica: all'interno di ritrovano esponenti PD in caccia di voti proletari, ecologisti smarriti, comunisti, sognatori. Ad oggi Sel non è in grado di farsi portavoce di nulla perché non ha una sua identità.

Fin qui la mia analisi dell'attuale, vi dico ora cosa ho deciso di fare io sebbene tra molti dubbi.

Non essendoci una realtà accettabile, bisogna crearla. In questi giorni in provincia di Torino si sta tenendo un congresso straordinario di Sel: a due posizioni più paludate, verticistiche e "pidieggianti" se ne oppone una terza, in cui si parla della necessità di diventare uno spazio per i movimenti, si dice che l'economia non deve guidare il mondo, che anche se non si deve essere il partito del No, in alcuni casi bisogna dirlo, questo no (mercificazione dei beni comuni, TAV, art.8, precariato), che si è persone prima che migranti, che esiste la decrescita serena...
Qui parte il mio tentativo: mi sono tesserato Sel e ho promosso questa posizione (ho già dichiarato che la mia tessera, se non passa questa linea, verrà stracciata). L'ho fatto quasi senza speranza, ma giorno per giorno vedo che aumentano le adesioni e forse passerà questa linea. Se così fosse, ho forse trovato un luogo dove valga la pena spendere energie. Forse. Forse invece è utopistico e si tratta solo di belle parole. Ma è l'unica strada che ho trovato

Il documento politico di cui sopra lo trovate a questo indirizzo http://tuttiincampopersel.wordpress.com/

giovedì 3 novembre 2011

Sul 15 ottobre e i "neri"

C'era un tizio che aveva tre figli,due erano braⅵ,studiavano e andavano a messa.Il terzo no,non studiava e non pregava.Un giorno il terzo figlio fece a botte a scuola.Il preside chiamò il padre,gli disse che il ragazzo era ⅵolento ed era problematico,il padre ci pe㎱ó un pó poi rispose: " non è mio figlio".Problema risolto.I caschi neri,le pietre,i fumogeni,non sono arrⅳati ㏌ piazza dalla Germania o da Marte: parlare di alcuni fac㏌orosi ㏌filtrati è ipocrisia.Lo è da parte della s㏌istra,che così disconosce parte di un disagio sociale ed esistenziale proprio lì dove é più forte; lo è da parte del moⅵmento che vuole essere ㏌clusⅳo,a㏄etta posizioni tra le più distanti ma,nel rifiutare la ⅵolenza,trova più comodo dire che chi è ⅵolento non è un manifestante (si estromettano i ⅵolenti dai cortei,li si condanni,ma non li si etichetti come semplici teppisti,sbaglieranno nei modi e saranno pure nocⅳi per le manifestazioni,ma sono persone che esprimono il loro disagio); è ㏌f㏌e ipocrisia di Stato che storicamente si gongola nel frammentare il disagio e la protesta,cogliendo la possibilità di tenere ㏌ casa i più cⅳili ed arrestare i più "caldi"